Santandrà
La prima menziona storica riguardante Santandrà risale all'anno 994 d.C. "Sanctus Andrea, prope Paulanum" (Sant'Andrea vicino a Povegliano) e consisteva in un grosso borgo quasi certamente fondato dai monaci Benedettini Cassinesi di Nervesa, che in seguito lo ebbero in dono nel 1081 dal conte Rambaldo da Collalto e dalla moglie Matilda. Il borgo restò legato all'Abbazia di Nervesa fino al 1866 anno in cui il Papa Pio IX lo incorporò assieme a Lovadina, Spresiano e Villorba alla diocesi di Treviso. Santandrà ebbe nei secoli un numero consistente di campi arativi di proprietà di enti religiosi.
La costruzione della prima chiesa del paese va fatta risalire tra il 1000 e il 1100 d.C. ed era strettamente dipendente dalla capo-pieve Povegliano a cui i paesani dovevano versare periodicamente la quarantesima parte dei frutti raccolti. A partire dalla fine del 1300 si ebbere i primi scontri con Povegliano per non versare le tasse dovute, complici interessi di parte e un forte spirito campanilistico.
L'esiguità della popolazione non permise al paese di avere sempre un suo parroco, non riuscendo a sobbarcarsi le spese per le sue prebende, pertanto approfittando della vicinanza ci si unì alla pieve di Villorba (1378-1436). Nel 1505 riebbe il suo parroco nella persona di Don Negro.
L'entrata del territorio nell'orbita della Repubblica di Venezia segnò un progressivo miglioramento delle condizioni di vita, grazie all'attenta amministrazione della Serenissima. Venezia sviluppòil suo commercio anche in terraferma, ove altresì introdusse nuove culture (la patata, il granturco, l'allevamento del baco da seta) e avviò degli importanti lavori per l'irrigazione dei campi (come ad esempio il canale della Brentella) e per evitare le ripetute inondazioni del Piave.
A partire dal XVIII secolo Santandrà divenne di fatto indipendente da Povegliano. Nel 1797 la caduta della Serenissima e l'arrivo di Napolone seminò panico e sgomento tra la popolazione. I napoleonici si diedero un gran daffare tra furti e devastazioni, non risparmiando neppure la chiesa, poi come se niente fosse fecero un referendum con cui la gente del posto doveva approvare l'invazione...l'esito di quel plebiscito rimane sconosciuto in tutta la marca e il paese di Santandrà non consegnò neppure le schede.
Dai francesi si passò agli austriaci che avevano nel Lombardo Veneto i loro territori economicamente più avanzati e poi nel 1866 al Regno d'Italia con la gente che dovette constatare come l'unione avesse comportato nuove e più pesanti tasse al posto di quelle austriache. Gli anni successivi sono quelli della grande emigrazione per le Americhe e la Francia in cerca di fortuna.
Durante il primo conflitto mondiale, Santandrà non fu molto esposta agli scontri, ma anche qui si vivettero tutte quelle ripercussioni che comportava una guerra combattuta a pochi chilometri di distanza. Il paese fungeva da retroguardia della linea della Piave e nonostante gli ordini di sgombero la gente rimase al proprio paese approfittando in caso di bombardamenti delle trincee e dei rifugi per nascondervisi.
La Seconda Guerra Mondiale lasciò una traccia profonda tra la popolazione speacialmente a causa delle incursioni quotidiane dei nazi-fascisti a caccia di partigiani e di giovani renitenti allaleva. Alla fine del conflitto nel maggio del 1946, tutto il paese partecipò compatto alla processione in onore della Madonna per ringraziarla di aver preservato il paese dai mali della guerra.
Il seguito della storia è fatto di ricostruzione e di quel miracolo del Nord-Est conosciuto in tutto il mondo, ove il Veneto da terra contadina diventò una delle aree maggiormente avanzate d'Europa.
(testi liberamente tratti dal libro di Ottorino Fontana: Il Comune di Povegliano visto dalla storia)